Esercizi di etica

Alzi la mano chi non bofonchia davanti alle notizie dei giornali. Che si tratti di tragedie umanitarie o di movimenti politici, di azioni di governo o di notizie ambientali, la quantità di indignazione che si accumula durante la lettura di un giornale è molto probabilmente maggiore di quella che in media si accumulerà nel resto della giornata. Spesso infatti si sconsiglia di leggere il giornale di prima mattina, proprio per evitare un inizio di giornata emotivamente più pesante.Donne-leggono-giornale

Eppure, ogni giorno ci accingiamo a leggere ciò che succede nel mondo: perché siamo consapevoli  dell’importanza di un’azione del genere, perché ci riconosciamo come cittadini, e come tali vogliamo partecipare ed essere informati.
Ma qual è il limite più grande che si incontra proprio nel momento in cui ci si apre ad accogliere il mondo, con le sue molteplici complessità? Qual è l’ostacolo all’atto, così meravigliosamente umano, di affacciarsi al di fuori del proprio microcosmo, per mettersi in contatto con il resto dell’umanità?

rufa-1Il limite più grande, a mio parere, è la visione. Ognuno di noi ha, di ogni evento, una visione parziale: e su di essa ruota la sua percezione e la sua valutazione del medesimo evento. In altre parole, quando leggiamo una notizia, l’impianto di categorie, apprendimenti, ricordi e vissuti emotivi fa da filtro alla nostra capacità di comprensione di ciò che leggiamo. La maggior parte delle volte questa sovrastruttura non è rigida: basterebbe che qualcuno ci mostrasse, ci indicasse, un altro punto di vista, per avere una visione un po’ più allargata.

Purtroppo, però, raramente le notizie contengono due punti di vista diversi, o quantomeno offrono un orizzonte di informazioni variegato: non ho ancora trovato (e se l’avete trovato voi, vi prego, illuminatemi) un quotidiano in grado di fornire un quadro completo di una notizia, sia essa di politica interna o internazionale.
Leggendo discussioni e commenti in giro sulla rete, però, mi accorgo che quand’anche un punto di vista diverso venga presentato, esso possa non aiutare molto ad allargare la visione: sembra invece che scateni spesso un impulso alla difesa di se’, che sfocia poi nella denigrazione o nell’annientamento dell’altro.

impalcaturaPurtroppo infatti, la sovrastruttura che ci fa percepire in un certo modo le notizie, influenza anche la visione di altri punti di vista, facendoli apparire come nemici da annientare; laddove invece un altro punto di vista non può che arricchire la conoscenza.
D’altra parte, questa struttura è la stessa che ci fa sentire al sicuro nelle nostre idee, nelle nostre credenze: ancora di più se abbiamo degli ideali molto forti, provare ad ascoltare una voce completamente avversa può risultare emotivamente molto destabilizzante. Non stiamo parlando di un ascolto puramente cognitivo, ma di un atto che coinvolge le nostre strutture etiche, emotive, identitarie.

E’ chiaro che abbandonare la struttura non può essere la risposta, poiché essa è strettamente intrecciata con la nostra identità, con i nostri valori, con i nostri vissuti.
Ma forse c’è un modo per allargarla, per renderla abbastanza elastica da includere altri punti di vista.Rete

Poco tempo fa, parlando con una docente di filosofia dell’Università di San Francisco, discutevamo su quale sarebbe, secondo noi, una buona riforma scolastica. Io portavo avanti la bandiera della qualità didattica, in favore della tutela dei bambini; lei contrattaccava con la qualità lavorativa, difendendo i diritti degli insegnanti. Ne è venuta fuori un esercitazione di etica per i suoi studenti, dei quali sarebbe stata valutata non tanto la facoltà di trovare una soluzione, quanto la capacità di costruire un ragionamento che sarebbe stato tanto più ricco quanti più punti di vista avrebbe preso in considerazione nel suo svolgimento.

timthumbE questo è un esercizio che possiamo fare ogni giorno, leggendo il giornale: chiediamoci cosa c’è dall’altra parte, stravolgiamo i punti di vista, ricerchiamo il non detto. Se avremo costruito un ragionamento talmente complesso da non avere una risposta, ma da generare solo altre domande, allora avremo esercitato la nostra visione ad allargarsi di più.

E voi cosa ne pensate? Quale sarebbe, secondo voi, un buon esercizio di etica? E come si potrebbe trasformare in un’attività per bambini? Lasciate un commento.

Un commento su “Esercizi di etica”

  1. buongiorno,
    lettura interessante che condivido, in particolare lo spunto del coinvolgimento dei bambini sui temi dell’etica.
    Secondo me per far sperimentare la natura o radice dell’etica ai bambini, e quindi l’importanza in termini di conseguenze, e ricadute reali che hanno le scelte personali “categoriche” (bene/male, giusto/sbagliato..), sulla nostra vita e forse soprattutto su quella degli altri, potrebbe essere efficace intraprendere un percorso che parta proprio dalla “scelta” per poi attraversare ed esplorare tutte le conseguenze che da quella scelta derivano.
    Sono convinto sostenitore, anche se ormai è quasi banale dirlo, dell’idea che per farsi strada dentro un bambino/a, un concetto, così come una sensazione, un’emozione, etc. necessiti di essere sperimentato.
    Lo stesso per la filosofia e le architetture di pensiero che a questa sovrintendono. Immaginare più scenari che partano da “scelte” iniziali diverse, dove venga messo bene in luce come ogni singola scelta iniziale è condizionata da alcuni fattori aprioristici (religione, cultura, appartenenza etnica, etc)….e dopo, via a costruire tutta la storia fatta di conseguenze, esiti e ripercussioni, dove ogni storia porterà con molta probabilità a finali diversi.
    Un bambino potrebbe scoprire (si spera..) che magari condivideva il “quadro” della scelta iniziale, ma non il finale a cui porta la scelta e rimettere in discussione, attraverso questa contraddizione, le scelte iniziali e quindi (qui il lavoro ovviamente dell’accompagnatore) dei pregiudizi/categorie di pensiero/percettive, che hanno influenzato quella scelta iniziale.
    Sarà un caso (ma come diceva maestro Ugue di Kung Fu Panda..”il caso non esiste”..) che ieri sera abbia partecipato, cioè assistito, a un dibattito sul pensiero di Hannah Arendt, dove uno dei temi portanti è proprio l’indagare di come l’etica, se frutto di categorie di pensiero impermeabili alla diversità (dei punti di vista per esempio) possa sfociare in un pensiero egemone e conformista.
    Vabbè, senza divagare, cmq la ringrazio, perché m’ha fatto venire desiderio d’esplorare modi ulteriori per sperimentare coi bambini l’elaborazione di una prospettiva di “inclusione dell’altro”…insomma di fare in modo di costruire un’etica il più possibile “elastica”, come le iscrive.
    Un saluto
    Alessandro

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