Vademecum per la quarantena – Parte IV

Questi giorni di reclusione forzata sono duri per tutti: per chi vive solo, per chi si trova improvvisamente a condividere uno spazio con altre persone per 24 ore al giorno, per chi improvvisamente non lavora più, per chi è costretto ad andare comunque al lavoro. Non voglio stilare una classifica di chi sta peggio: non avrebbe neanche senso, in questo momento.Ma, occupandomi di bambini e adolescenti, e quindi, indirettamente, anche dei loro genitori, mi ritrovo a dare una serie di indicazioni alle famiglie dei pazienti, e ho pensato che potesse avere un senso condividerle anche con le altre famiglie.
Suggerimenti e riflessioni su ciò che può essere utile in questo momento, in cui la mancanza di struttura e di orari, la carenza di relazione tra pari, l’assenza di possibilità di movimento sta mettendo a dura prova il loro (e il nostro) benessere psicofisico.

Bambini senza scuola

Sono invisibili nei decreti, fino a spingere genitori, insegnanti e psicologi a chiedere che sia loro concessa un’ora d’aria, come per i cani. Non hanno più la scuola ma devono fare i compiti, non vedono più gli amichetti ma continuano ad avere sete di relazioni, la maggior parte di loro non può correre e saltare, alcuni stanno finendo i quaderni e i colori ma non possono essere ricomprati perché non sono beni di prima necessità. La buona notizia è che riescono a essere comunque pieni di entusiasmo: ogni occasione è una festa, dalle canzoni suonate in balcone all’andare a vuotare l’immondizia. Immaginano cosa faranno quando l’emergenza sarà finita (c’è un bellissimo video su repubblica, ogni volta che lo vedo mi metto a piangere), contano i giorni che li separano dalla scuola, anche se questa data viene spostata. Amano il terrazzo perché possono salutare i bambini del vicinato, e il cortile perché possono andarci in skate. 

Ciò che manca loro tantissimo è l’incontro con il mondo: a questo va data la priorità assoluta. Tutti i giochi tattili, dall’impastare al colorare con le dita (usate i colori alimentari se finite quelli normali…), tutta la cura delle piante, degli animali e della casa. Tutto ciò che riguarda il processo immaginativo, dallo scrivere al disegnare, perché li aiuta a elaborare ciò che stanno vivendo, a tenere vivo l’incontro. E tanto ascolto.

Sono riempiti di video, dalle lezioni di scuola ai laboratori sulle emozioni. Ma il video non è un surrogato della relazione, ricordatelo. Per quanto molti dei video prodotti e degli appuntamenti on line siano utili, ricordate che non possono supplire alla mancanza della relazione. E’ il momento di tentare nuovi esperimenti, nuove strategie di comunicazioni, che non riducano, ma trasformino l’incontro: scrivere lettere, creare un diario di immagini, ascoltare favole o brani musicali, stimola molto di più la creatività di qualsiasi video da imitare. Questo non vuol dire impedire le videochiamate per le chiacchiere o i compiti con gli amichetti, se funzionano, o per un saluto con i nonni o gli insegnanti. Non c’è niente di male neanche se seguono qualche laboratorio online, ma cercate anche tutti gli altri canali di comunicazione, che mai come in questo momento possono essere esplorati. Se cercate, troverete gruppi di educatori che si stanno organizzando per creare attività in cui non sia incluso il video. E ricordate che una esposizione troppo lunga ai video può risultare dannosa.

Cercate inoltre, laddove possibile, di fare spazio ai loro vissuti: la tristezza del non uscire più, la nostalgia della scuola, la paura e l’angoscia da cui possono essere travolti sono emozioni che hanno bisogno di respirare, sfogarsi per poi essere integrate. 

Rispondete alle loro domande sull’emergenza cercando un linguaggio che sia adatto a loro: troverete in rete molti consigli di educatori, psicologi, pedagogisti su come spiegare quello che sta succedendo. 

Non nascondete le vostre emozioni, per dolorose che siano, mascherandole con un sorriso: durante l’infanzia il preverbale arriva con potenza maggiore del verbale, e il rischio è quindi che loro avvertano la vostra angoscia ma non sappiano a cosa riferirla, e che su questo non detto costruiscano immaginari molto più catastrofici. 

Ma soprattutto, chiedete a loro come stanno, senza correre a trovare immediatamente una soluzione al loro problema: hanno bisogno soprattutto di essere ascoltati.

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