Un’altra versione dello psicologo molto diffusa è quella estremamente medicalizzata. Molti giungono in terapia raccontando alcuni comportamenti, che siano propri o di una persona cara (coniuge, figlio, ecc.), chiedendo poi allo psicoterapeuta un verdetto sulla presenza o meno di una patologia;: “Dottore, è grave?”. Allo stesso modo, quando incontrano uno psicologo a una cena, al bar, sull’autobus, tendono a impostare lo stesso meccanismo, chiedendo “Uno che ti invita a cena e poi non si fa più sentire, però durante la cena mi ha raccontato tutte le sue cose intime, anche di quando era bambino e la mamma non lo portava al parco, che ha?”. E lo psicologo di turno lì a spiegare che la psicopatologia non funziona a categorie, che ciò che conta è la storia di una persona, il proprio modo di afferrarsi e afferrare il mondo, ecc. Ma dopo un cenno di assenso e cinque minuti di riflessione, l’adepto della convinzione psicologo=medico rilancia: “E invece una che era un’amica e all’improvviso ha fatto una scenata…?”
La cosa più grave è che, davanti al terapeuta, si aspettano poi una terapia materiale: non dico pillole, ma direttive altrettanto nette per le azioni della vita quotidiana. La maggior parte delle volte, ci si aspetta che la terapia coincida con la guarigione dalle emozioni, ma questa è una convinzione di cui ho già parlato in un altro articolo.
La psicopatologia non è come la fisiopatologia: non ha delle evidenze fisiologiche osservabili che da un sintomo conducono a una diagnosi. Nella psicopatologia, il sintomo è già la diagnosi. Se un bambino ha difficoltà di apprendimento (a un livello cognitivo adeguato), gli viene diagnosticato un Disturbo dell’Apprendimento.
La patologia, in ambito psicologico, è un continuum definito in maniera diversa a seconda dell’approccio, sempre però legato al disagio, soggettivo, del paziente.
Il nucleo della psicoterapia non sta nell’individuare la malattia e poi fornire una terapia adeguata ad essa: è un incontro con una realtà soggettiva, che ha una sua storia, un suo mondo di significati, in cui qualcosa, a un certo punto, si è incastrato. Per questo non esistono due terapie uguali tra loro: non si parla di fegati, ma di individui.
Questo è l’errore di chi considera la psicologia come una scienza medica, invece che come una scienza della salute: si aspetta un rapporto oggettivo con la propria realtà soggettiva.