Vademecum per la quarantena – Parte I

Questi giorni di reclusione forzata sono duri per tutti: per chi vive solo, per chi si trova improvvisamente a condividere uno spazio con altre persone per 24 ore al giorno, per chi improvvisamente non lavora più, per chi è costretto ad andare comunque al lavoro. Non voglio stilare una classifica di chi sta peggio: non avrebbe neanche senso, in questo momento.

Ma, occupandomi di bambini e adolescenti, e quindi, indirettamente, anche dei loro genitori, mi ritrovo a dare una serie di indicazioni alle famiglie dei pazienti, e ho pensato che potesse avere un senso condividerle anche con le altre famiglie.
Suggerimenti e riflessioni su ciò che può essere utile in questo momento, in cui la mancanza di struttura e di orari, la carenza di relazione tra pari, l’assenza di possibilità di movimento sta mettendo a dura prova il loro (e il nostro) benessere psicofisico.

Alzarsi, lavarsi, vestirsi

La prima cosa che accade quando non si esce più è la tendenza ad alzarsi tardi e a rimanere in pigiama: questo è uno dei pericoli più grandi. Può sembrare una sciocchezza, ma è una delle prime cose che si dice anche ai malati che non possono più andare al lavoro, ai depressi, agli anziani: mettersi la sveglia, lavarsi, vestirsi. E’ questo che aiuta a rimanere agganciati al flusso vitale.


Non si devono necessariamente alzare alle 7, come se dovessero andare a scuola: possono scegliere un orario più comodo, ma insistete perché si alzino e si preparino come se dovessero uscire. Lasciate lo spazio per poltrire nel week end, quando potranno dormire anche fino alle 13 e rimanere in pigiama tutto il giorno, se lo desiderano. La differenza tra week end e giorni feriali contribuisce a dare una struttura temporale alla settimana.

Per alcuni ragazzi funziona molto anche scadenzarsi gli impegni della giornata o della settimana, prepararsi una scaletta con le cose da fare, in modo da avere una struttura minima in cui muoversi. Questo non vuol dire non lasciare spazi vuoti e saturare la giornata di impegni; se c’è un aspetto positivo di questa situazione, è proprio quello di ripensare il tempo, e di lasciare spazio per la reverie, per l’immaginazione, per l’introspezione. Darsi alcuni compiti, alcuni appuntamenti, è anche un modo per lasciarsi questo spazio, che altrimenti rischia di essere inghiottito da un caotico lasciarsi andare.

Un’ultima cosa, e, credetemi, mi costa molta fatica scriverla, perché insistere sui doveri non è una mia prerogativa: alzarsi, lavarsi e vestirsi deve essere una priorità da trasmettere ai vostri figli,  non un aspetto facoltativo. Ponetelo come un obbligo, una questione di salute: di fatto, lo è. Non va confuso con una sorta di galateo, né come la solita fissa da genitore. E’ importante.

Come sempre, il miglior modo per insegnare un comportamento è fungere da modello: vestitevi anche voi, anche se non avete videochiamate in programma, o nessun impegno durante la mattinata. Scadenzatevi la giornata, la settimana, provate a proporre aperitivi in casa o cene di famiglia: se vedono un adulto resistere al lasciarsi andare, lo faranno anche loro.

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