Vademecum per la quarantena – Parte III

Questi giorni di reclusione forzata sono duri per tutti: per chi vive solo, per chi si trova improvvisamente a condividere uno spazio con altre persone per 24 ore al giorno, per chi improvvisamente non lavora più, per chi è costretto ad andare comunque al lavoro. Non voglio stilare una classifica di chi sta peggio: non avrebbe neanche senso, in questo momento.Ma, occupandomi di bambini e adolescenti, e quindi, indirettamente, anche dei loro genitori, mi ritrovo a dare una serie di indicazioni alle famiglie dei pazienti, e ho pensato che potesse avere un senso condividerle anche con le altre famiglie.
Suggerimenti e riflessioni su ciò che può essere utile in questo momento, in cui la mancanza di struttura e di orari, la carenza di relazione tra pari, l’assenza di possibilità di movimento sta mettendo a dura prova il loro (e il nostro) benessere psicofisico.

Coabitazione e disordine

Mai come in questo periodo fioccano litigi per la condivisione degli spazi comuni: chi di voi vive con un adolescente (o magari con due o tre) avrà già avuto decine di scontri che ruotano sul rispetto per gli altri, sull’uso consapevole degli oggetti, sulla divisione dei compiti, ecc.

E’ assolutamente giusto che i figli contribuiscano all’andamento della casa (così come entrambi i genitori, sia quelli che lavorano che quelli che non lavorano), fa bene alla loro autoefficacia percepita, alla loro autonomia (ne parlavo qui), e in generale è parte di un’educazione alla convivenza di cui la famiglia dovrebbe essere attore principale. Questo è valido sempre, a prescindere dall’emergenza: ma in un momento di coabitazione forzata è ancora più centrale.
Questo quindi è un ottimo momento per ristabilire pratiche di coabitazione, creare nuove divisioni di compiti, inventarsi appuntamenti familiari con la pulizia. Ricordando due cose fondamentali.

La prima è che la cura di uno spazio nasce dal sentire che questo spazio ci appartiene. E questo implica che ognuno se ne prende cura nel suo proprio: non esiste un solo metodo per lavare i piatti, per spolverare, per rimettere in ordine. Tutti quanti devono impegnarsi per far sì che tutti si sentano parte di quell’habitat. Quindi resistete alla tentazione di insegnare il modo giusto per rifare i letti e il metodo migliore per spazzare: a meno che non ve lo chiedano espressamente loro. E fate in modo che tutti i componenti della famiglia, anche i più piccoli, partecipino alla panificazione delle pulizie e alla divisione dei compiti, e che tutti possano avere voce su necessità e volontà.

E, per ultimo: le stanze personali sono e restano personali, e nessuno può metterci bocca. Anche se avete l’impressione che per passarci accanto dovreste indossare la mascherina. Anche se vengono mai alzate le serrande. 

La seconda, ancora più importante, è che scordarsi di fare qualcosa non implica una mancanza di rispetto verso di voi, o una noncuranza. Quando non siamo abituati a fare qualcosa, spesso ci perdiamo i pezzi. E ci vuole tempo per innescare le nuove abitudini. Dovete farci pace. Respirate, stabilite le priorità, discutete per ciò che ha senso, evitate le battute su tutto il resto.

Leggi la Parte IV


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