Se ne comincia a sentir parlare sempre più spesso, tra riviste e siti, ma anche all’interno della scuola. E’ considerata un disturbo alimentare 2.0, ma non è ancora stato riconosciuto dalla comunità psichiatrica.
L’ortoressia è un comportamento alimentare che, invece che basarsi sulla quantità del cibo ingerito, si sofferma sulla qualità; in altre parole è una tendenza a sviluppare uno schema alimentare sempre più rigido, che includa solo cibi “sani”. E metto le virgolette proprio perché, se si trattasse solo di scegliere prodotti di qualità, saremmo tutti ortoressici.
Da un po’ di anni la tendenza della nostre mamme a comprare il cibo più economico al supermercato più conveniente è andata frantumandosi sotto l’apertura e l’accessibilità a negozi bio, a Gruppi di Acquisto Solidale, a iniziative di fattorie e a rivalutazione dei mercati ortofrutticoli. L’attenzione è andata sempre più focalizzandosi su cibo di qualità, di provenienza certa, possibilmente a km 0 e con trattamento equo degli animali.
Una vera e propria rivoluzione culturale, che ha investito tutte le estrazioni sociali e i livelli economici.
Oltre a questo, abbiamo assistito a un divampare di allarmismi e scoperte sul mondo dell’alimentazione: il latte vaccino danneggia, il mais contiene nickel, la carne provoca tumori e la celiachia è più diffusa del morbillo… Dall’altro lato sorgono diete che garantiscono una salute buona e un tenore di vita migliore, e nascono professionalità che si occupano esclusivamente di costruire uno stile alimentare corretto.
Cercare la qualità nei prodotti che compriamo (ma soprattutto, che mangiamo) può quindi diventare patologico? I fan dalla psicologia del buonsenso vi risponderanno che l’importante è non esagerare, non diventare rigidi. Ma, come al solito, è una risposta che non basta. Il problema dell’ortoressico non è quante regole abbia, ma come questo incida sul suo adattamento all’ambiente. Il legame con il cibo, come sappiamo, è intrecciato alla propria identità, al proprio modo di emozionarsi, alle relazioni con l’Altro-Mondo; allo stesso tempo è radicato nella nostra fisiologia, nelle sensazioni corporee di fame e sazietà, di gusto e disgusto. Quando il legame con le sensazioni si rompe, a favore di un legame con un sistema di regole, più o meno articolato, il contatto con la realtà, fatto anch’esso di sensazione e corporeità, comincia ad allentarsi.
Il dr. Bratman, che per primo ha descritto il disturbo ortoressico, racconta come “Una persona che si riempie le giornate mangiando tofu e biscotti a base di quinoa si può sentire altrettanto pio di chi ha dedicato tutta la vita ad aiutare i senza tetto”; quindi la centralità del disturbo non è in cosa mangia, ma nello slittamento di significato.
L’ortoressico si sente con la coscienza a posto se segue una regola: che poi questa regola si traduca in frutta e verdura biologica o in cibo dannoso, non ha importanza. Il risultato è sempre un sistema di nutrizione slegato dal corpo, e, quindi, dalla realtà.
Come ci si accorge di essere ortoressici? Il dr. Bratman ha messo a punto delle indicazioni (le trovate a questo link), ma il mio consiglio spassionato, onde evitare di cadere da un sistema di regole all’altro, è di chiedervi onestamente com’è il vostro rapporto con il cibo. Non è facile staccarsi da un’idea di regole da seguire, quando riviste, media, medici, amici e conoscenti continuano a bombardare con informazioni su una dieta “giusta ed equilibrata”; ma solo noi possiamo guardarci allo specchio e raccontarci cosa e come mangiamo.
E voi cosa ne pensate? Avevate mai sentito parlare dell’ortoressia? Quale effetto pensate possa avere questo disturbo sui bambini? Lasciate un commento!
Il disturbo ortoressico descritto dal dr. Bratman é una bella invenzione, una buona alimentazione non può essere paragonata a un disturbo, certamente, se uno trascorre le sue giornate a pensare, preparare, utilizzare cibo il comportamento é eccessivo. Vorrei, comunque, ricordare che anche chi non ha scelto una alimentazione biologica e di qualità, ma si serve dei prodotti industriali, può cadere nello stesso problema. La vita é una sola e la salute é quella che la rende vivibile. Non possiamo permetterci di indebolire o danneggiare nessuna funzione del nostro corpo o della nostra mente pertanto una alimentazione naturale, biologica, vegana sono la base della nostra salute. E’ da ricordare che é particolarmente importante insegnare i principi della salute ad ognuno sin da piccoli. Tutti dobbiamo al nostro organismo le cure necessarie ossia mettere in pratica, nella nostra vita, quelle leggi della natura date da DIo che hanno lo scopo di preservare gli esseri umani dalla malattia e dalla morte prematura. Dieta? No grazie, la nostra vita non può essere irregimentata, basta mangiare alimenti possibilmente biologici a km 0 eliminando i prodotti animali e derivati.
Grazie per il tuo contributo, Salvatore. Mi sembra che tu abbia evidenziato un nodo principale, scrivendo che “anche chi non ha scelto una alimentazione biologica e di qualità, ma si serve dei prodotti industriali, può cadere nello stesso problema”: come abbiamo spesso sottolineato negli articoli di questo blog, la condotta disfunzionale non consiste nel scegliere l’una o l’altra cosa, quanto piuttosto in modalità di attuazione di se’ legate solo a un sistema di regole, che escluda il legame con Se’ e con l’Altro. Nell’ultima parte dell’articolo, invitavo a non cadere da un sistema di regole a un altro: una scelta consapevole di cosa si mangi passa per un percorso che includa sia le informazioni esterne che la propria storia. Se manca la parte personale, qualsiasi scelta è dettata solo dall’esterno, ed è quindi inevitabilmente carente di consapevolezza. Per questo motivo, Salvatore, permettimi di dire che, per quanto sia personalmente persuasa della scelta di alimenti biologici a km 0 (scelta che opero nella mia quotidianità), trovo che tale indicazione, se fornita come postulato, diventi l’equivalente di una “dieta” da seguire, e quindi di un ancoraggio a un sistema di regole staccato dalla parte corporea.
Una malattia sempre più popolare tra le teenager che a volte si può congondere con le problematiche DAC.